Roma - Stop alle sigarette prima di inalare un farmaco contro l'asma o la bronchite cronica. E lontani da locali o stanze dove aleggia lo spettro del fumo passivo. La raccomandazione arriva da una ricerca ‘made in Italy’ condotta dal laboratorio per la ricerca sull'inquinamento da tabacco dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano in collaborazione con la Societa' italiana di medicina generale (Simg). Che mostra come le 'bionde' disinneschino l'azione di questi farmaci, spray a base di cortisonici inalatori spesso irrinunciabili per chi e' alle prese con queste patologie.
In particolare, "l'aggregazione tra particelle - spiega una nota dell'Irccs meneghino - coinvolge gli spray quando vengono erogati in presenza di fumo di tabacco, modificando il profilo aerodinamico del farmaco, con una riduzione significativa delle particelle originariamente prevalenti e un aumento delle particelle di dimensioni maggiori".
La terapia inalatoria, in condizioni normali, oltre a essere molto efficace, permette di utilizzare dosi molto basse di farmaco, consentendo cicli di terapia prolungati anche in eta' pediatrica. L'efficacia della terapia inalatoria e' tuttavia strettamente legata alle dimensioni delle particelle di aerosol: il loro diametro deve essere omogeneo e adatto a raggiungere le regioni piu' periferiche del polmone, sede dell'infiammazione. Ad esempio, le particelle di diametro superiore ai 5 micron (un micron misura un millesimo di millimetro) si fermano a livello della faringe e delle cavita' nasali e non sono efficaci per la terapia delle patologie bronchiali. Per questa ragione, si utilizzano aerosol con un 'profilo aerodinamico' caratterizzato dalla prevalenza di particelle con diametro attorno a 1 micron, che sono in grado di distribuirsi, depositarsi ed essere efficaci nella aree periferiche dell'albero respiratorio. Le caratteristiche aerodinamiche degli aerosol sono studiate nella produzione farmaceutica, dove vengono misurate in presenza di aria non inquinata. Nella realta' la situazione e' molto diversa: i nostri polmoni spesso sono pieni di un numero elevatissimo di polveri sottili prodotte dal fumo passivo e, nel caso del fumatore, di fumo 'residuo' che persiste per alcuni minuti dopo l'ultima boccata di sigaretta. "Fino ad oggi - sostiene Roberto Boffi, responsabile del laboratorio che ha condotto lo studio - non esistevano ricerche sul comportamento degli aerosol erogati in presenza di fumo di tabacco, nonostante sia conosciuta da tempo la 'particle coagulation', cioe' l'aggregazione delle particelle degli aerosol con quelle del fumo stesso, fenomeno fisico che si verifica nell'arco di pochi secondi. Questo comporta caratteristiche fisiche diverse del farmaco, e possibili ripercussioni sulla sua efficacia. Questo fenomeno - prosegue - potrebbe dunque spiegare la scarsa efficacia degli spray nelle persone che fumano, un fatto noto in ambito pneumologico come 'steroid resistance'".
Dalla ricerca arriva un messaggio pratico: chi fuma nonostante sia affetto da asma o da bronchite cronica - fenomeno rilevante, vista la prevalenza dei fumatori in queste categorie di persone, il 25% e il 50% rispettivamente - dovrebbe utilizzare gli spray a debita distanza di tempo dall'ultima sigaretta (non fumando almeno 10 minuti prima e dopo) e assumendo il farmaco in un locale non inquinato da fumo passivo. (Adkronos)
PS La soluzione ideale? Che qualche lungimirante casa farmaceutica riesca a formulare uno spray più adeguato che permetta ai sofferenti di asma e di bronchite cronica di continuare serenamente a fumare le loro amate "bionde". Sarebbe un'eccellente scoperta non vi pare? (RG)
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