Per costruire le centrali nucleari e ritornare all'atomo servono, al netto di problemi e di ''accettazione sociale'', almeno 10 anni e circa 30 miliardi di euro (stima non definitiva). E non allontanera' dalla dipendenza dal petrolio, con un margine di risparmio sul consumo nazionale del 4,5% (per molti pari a quello che si puo' ottenere puntando sulle rinnovabili). Questo lo scenario tracciato dall'Eurispes nel Rapporto Italia che parte dalla volonta' ''dell'attuale governo'' di soddisfare con l'atomo il 25% del fabbisogno energetico del Paese entro il 2020-2030. Non raggiungere l'obiettivo del protocollo di Kyoto sul taglio alle emissioni, comporta all'Italia, per l'Eurispes, ''un debito giornaliero di 4 milioni di euro'' pari a ''un esborso di 1,5 miliardi di euro''. Eppure la richiesta maggiore di prodotti petroliferi si e' avuto nel settore dei trasporti (piu' 27,5%). Ma, se la produzione nazionale arriva all'85,1% (il 14,9% e' nucleare importato dalla Francia), in quanto a potenza installata non servirebbe rivolgersi a nessuno: ''La potenza installata e' di 89.800 Mw a fronte di una domanda di picco di 55.600 Mw, per una sovrapotenza di 34.000 Mw''. Il problema, evidenzia l'Eurispes, ''non e' la carenza di centrali'' ma che ''l'utilizzo degli impianti sia inferiore al 50%''. Un nucleare che produce il 25% del fabbisogno energetico, tra l'altro, osserva l'Eurispes, sarebbe ''in contrasto con le direttive Ue'' per gli obiettivi sulle fonti rinnovabili. (ANSA)
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