Con tutto quello che bolle in pentola sul piano istituzionale e non riesce a giungere al punto giusto di cottura è sicuramente poco ragionevole pretendere chissà quale attenzione per il congresso nazionale dei parchi e delle aree protette fissato per fine gennaio a Roma.
E tuttavia anche quel che succede e ancor più quello che potrebbe succedere ai nostri parchi rientra a pieno titolo -anche se non tutti ne hanno sufficiente consapevolezza- in quelle vicende istituzionali che da troppo tempo girano confusamente sui rulli.
D’altronde idee bislacche non circolano soltanto sul futuro dei parchi ma anche delle province, delle comunità montane con corsi e ricorsi che credevamo ormai capitoli definitivamente chiusi.
Che anche per i parchi si ipotizzino ora vere e proprie abrogazioni ora pasticciati rimaneggiamenti con fondazioni che somigliano più che altro a vere e proprie affondazioni può non sorprendere ma preoccupare si.
Diciamo che da quando il nostro paese si è dotato di una legge nazionale sui parchi è la prima volta che circola una ipotesi di ridimensionamento istituzionale del loro ruolo. E che ciò avvenga nel momento in cui le questioni ambientali prorompono sulla scena internazionale come mai era finora avvenuto accresce –deve accrescere- l’allarme. In nessun paese europeo ma neppure nel mondo circolano ipotesi del genere se persino Bush lascia la presidenza ‘regalando’ al suo paese un enorme parco marino di 505 chilometri quadrati. Certe ipotesi per quanto confuse sono il risultato di un logoramento che ha avuto nei prolungati e paralizzanti commissariamenti specie dei parchi nazionali il suo incubatore.
I parchi sono apparsi sulla scena nazionale e regionale sempre più marginalizzati, spesso privi anche di un presidente, figura che negli anni aveva assunto un ruolo molto importante e incisivo anche nel rapporto con le istituzioni elettive. Anche noi toscani abbiamo avuto modo di verificare e toccare con mano cosa significa avere parchi come quello dell’Arcipelago per anni senza un presidente. Non paghi dei danni inferti con gestioni commissariali senza scadenza, ora ai parchi si rimprovera di essersi trasformati in veri e propri ‘poltronifici’.
Che si tratti di una bufala irresponsabile possiamo vederlo meglio in realtà come quella toscana – ma vale alla stessa stregua per quasi tutte le altre regioni- dove le presidenze dei parchi regionali ed ora anche nazionali svolgono per fortuna ben altro ruolo che non quello di occupare poltrone a sbafo.
Stando così le cose il congresso nazionale di Federparchi ha il compito e il dovere innanzitutto di restituire ai parchi quanto gli è dovuto anche sotto il profilo della dignità istituzionale e culturale.
C’è una specificità dei parchi, degli enti parco che oggi deve essere assolutamente recuperata ed è che si tratta di enti ‘misti’, ‘compositi’ non solo sotto il profilo istituzionale, in ragione di quella ‘leale collaborazione’ che è principio costituzionale, ma anche perché unificano, integrano aspetti gestionali e amministrativi e competenze tecnico –scientifiche.
Regioni, province e comuni per l’esercizio di certe loro funzioni debbono ricorrere ad aziende o enti strumentali, il parco al contrario deve provvedere senza dotarsi di altri strumenti. Del resto non è un caso che proprio al parco ricorrano spesso comuni, province e regioni per la gestione di determinate loro attività dagli ecomusei alla educazione ambientale.
Mai come in questo momento i parchi devono riuscire unitamente alle altre istituzioni a farsi sentire e valere.
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