In Europa meno nebbie e foschie

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Martedì, 20 Gennaio 2009

 

Secondo lo studio "Decline of fog, mist and haze in Europe over the past 30 years", di Robert Vautard e Pascal Yiou1, due ricercatori francesi del Commissariato per l´energia atomica di Gif sur Yvette, e dal loro collega Jan van Oldenborgh, pubblicato su Nature Geoscience «la radiazione solare sulla superficie ha subito variazioni decennali a partire dalla metà del ventesimo secolo, producendo effetti di "oscuramento" e "illuminazione" globali».

Per gli scienziati «Queste variazioni sono presumibilmente il risultato di variazioni nell´aerosol e nuvole, ma i processi che intervengono non sono ancora state dettagliatamente determinati. In Europa, il marcato aumento delle radiazioni solari dal 1980 si pensa che abbia contribuito al grande riscaldamento continentale osservato, ma questo contributo non è stato quantificato. Noi abbiamo analizziamo dati multi decennali di visibilità orizzontale, e abbiamo scoperto che la frequenza di condizioni di bassa visibilità, come nebbia, bruma e foschia in Europa è diminuita nel corso degli ultimi 30 anni, per tutte le stagioni e per tutte i livelli di visibilità, comprese nelle distanze di 0 e 8 km».

Dati che confermano quanto più volte detto per quanto riguarda l´Italia da Giampiero Maracchi, direttore dell´Istituto di biometeorologia del Cnr di Firenze: in Val Padana la nebbia è diminuita del 30 - 40% rispetto al trentennio ´60-´90. Secondo i ricercatori francesi questa è la conferma non solo che il cambiamento climatico è alacremente al lavoro, ma che dipende dall´impatto delle attività umane: «Questo declino è spazialmente e temporalmente correlato con le tendenze delle emissioni di biossido di zolfo – si legge nello studio - il che suggerisce un significativo contributo de parte dell´impoverimento della di qualità dell´aria. Statisticamente il collegamento con la visibilità locale cambia con le variazioni di temperatura, si stima che la riduzione in condizioni di scarsa visibilità potrebbe aver contribuito, in media, a circa il 10-20% del recente riscaldamento diurno e a circa il 50% del riscaldamento nell´Europa orientale. Grandi miglioramenti nella qualità e la visibilità sono già avvenuti in Europa negli ultimi decenni, questo può significare che in futuro la riduzione della frequenza di eventi di bassa visibilità sarà limitata, è possibile che questo possa comportare un meno rapido riscaldamento regionale».

Quindi il diradarsi delle giornate di nebbia non sarebbe una causa del riscaldamento climatico, ma un suo effetto che ha prodotto dalla modifica della circolazione atmosferica e da una minore quantità di vapore acqueo in atmosfera. Secondo quanto dice oggi Maracchi all´Ansa «i fenomeni di ridotta visibilità ´non meritano dunque un approfondimento scientifico, perché non hanno alcuna conseguenza sul riscaldamento del pianeta: se la nebbia da una parte modifica la quantità di radiazioni che arriva al suolo dall´altra assorbe le radiazioni ad infrarossi provenienti dalla terra. Questi due fenomeni si bilanciano». (greenreport.it)

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