La bufala del ghiaccio in ripresa, ricercatore costretto a smentire

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Mercoledì, 14 Gennaio 2009

 

ROMA - Guelfi e ghibellini, Coppi contro Bartali, Mazzola contro Rivera. In Italia, è stato ripetuto spesso, si finisce sempre per dividersi in due partiti. Quando si parla di riscaldamento globale il problema travalica però i confini nazionali e lo stesso atteggiamento di sterile contrapposizione investe tutto il mondo. Da una parte chi è persuaso che il mondo si stia rapidamente riscaldando per colpa delle attività industriali umane, dall'altra i negazionisti.

Due fazioni non esattamente simmetriche visto che della prima fa parte la crema della ricerca internazionale sul clima e si esprime attraverso studi posti al vaglio della comunità scientifica. Nella seconda ci sono invece pochi ricercatori outsider e molti polemisti di professione. Ma c'è anche una fazione più catastrofista del primo partito sempre pronta a interpretare qualsiasi segnale, per quanto ambiguo, a proprio sostegno e a duellare su questo terreno con i rivali negazionisti.

A fare le spese di questa contrapposizione sono quasi sempre i dati scientifici, strumentalizzati e tirati da una parte o dall'altra a discapito della loro neutralità e del necessario e faticoso sforzo per capirne realmente la portata. L'ultimo caso eclatante è stata la notizia del presunto recupero dei ghiacci artici usata in questi giorni per ridare fiato alle trombe dei negazionisti. Una caso da manuale del cortocircuito che può colpire l'informazione soprattutto nell'era di Internet.

La notizia, ripresa oltre che dai blog di mezzo mondo anche da giornali nazionali e agenzie di stampa, suonava più o meno così: a fine 2008, dopo la seconda peggiore perdita estiva di sempre (la peggiore fu nel 2007), il ghiaccio marino del Polo Nord ha conosciuto una ripresa vigorosa, tornando nientemeno che ai livelli del 1979. Dato che veniva attribuito alle misurazioni dell'autorovolissimo William Chapman dell'Università dell'Illinois e assolutamente incoraggiante rispetto ai timori di scioglimento totale dei ghiacci estivi nel volgere di pochi anni lanciato appena pochi mesi prima.

Le cose in realtà non stanno esattamente così. Innanzitutto non si trattava di uno studio di Chapman, ma di una valutazione (basta su dati raccolti dall'Università dell'Illinois) di un blogger, Michael Asher, che si limitava a chiedere allo scienziato dell'Illinois un commento nel quale lo studioso spiegava che effettivamente un recupero c'era stato e poteva essere attribuito a una particolare circolazione dei venti gelidi. Ma tanto è bastato a mettere in moto la macchina negazionista. Così alla fine Chapman è dovuto intervenire per mettere fine all'equivoco con una nota ufficiale pubblicata sul sito dell'Università.

Innanzitutto, fa chiarezza lo studioso della criosfera, il dato comparativo non si riferisce ai ghiacci marini artici ma al valore globale che si ottiene sommando quelli di Polo Nord e Polo Sud, con i primi che rispetto al 1979 si riducono di quasi un milione di chilometri quadrati e i secondi che avanzano di circa 0,5 milioni. "Un dato - precisa - poco indicativo rispetto alle valutazioni sul riscaldamento globale in quanto la maggior parte dei modelli sulle previsioni degli effetti dei gas serra sulla criosfera prevedono gli effetti maggiori sull'estensione estiva dell'artico e i dati registrati sono in linea con queste previsioni", mentre alcuni studi sottolineano che "uno degli effetti collaterali del riscaldamento globale può essere proprio un momentaneo incremento nell'estensione dei ghiacci antartici".

Chapman invita inoltre a tenere in considerazione che l'estensione è solo uno dei parametri di valutazione dei ghiacci e non necessariamente il più importante, visto che fondamentale è anche lo spessore, attualmente senz'altro minore rispetto a quello degli anni passati.

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