A quattro anni dall'effettiva entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, in un dossier pubblicato oggi lo definisce ''un primo passo necessario, ma largamente insufficiente''. Le emissioni mondiali di CO2 sono infatti aumentate dai 20,95 miliardi di tonnellate nel 1990 - anno base della Convenzione quadro sul clima e del Protocollo di Kyoto - a 27,89 miliardi nel 2006: un incremento notevole, che sfiora i 7 miliardi di tonnellate, facendo aumentare di un terzo le emissioni mondiali in soli 16 anni. Le cause di questo insuccesso vengono ravvisate soprattutto nella debolezza della 'governance' dell'ambiente globale: i trattati internazionali ambientali non dispongono, infatti, di strumenti di operativita', di controllo e sanzioni efficaci. C'e' poi il rapido e forte aumento delle emissioni dei paesi di nuova industrializzazione, ormai responsabili del 53% delle emissioni globali, e c'e' la mancata adesione e il mancato impegno alla riduzione delle emissioni degli Stati Uniti. ''Gli Stati Uniti - che rappresentano il 20% delle emissioni mondiali - anziche' ridurle, al 2006 le hanno aumentate del 16% rispetto al 1990''. La mancata adesione al Protocollo di Kyoto degli Stati Uniti - e' scritto nel dossier - ha inoltre fornito un forte argomento (ribadito in tutte le Conferenze internazionali) ai Paesi di nuova industrializzazione per non frenare le loro emissioni. Gli esiti insufficienti del Protocollo di Kyoto - scrive la Fondazione - sono quindi in gran parte imputabili al mancato impegno della precedente amministrazione Usa, aggiungendo pero' che ora, con l'elezione del Presidente Obama, favorevole ad un impegno per il clima, le aspettative per il nuovo Trattato post-Kyoto sono radicalmente migliorate. Se in Italia il trend e' cambiato, con una domanda di energia che dal 2005 e' in diminuzione costante, e se i paesi firmatari del Protocollo di Kyoto hanno di molto superato il loro obiettivo di riduzione delle emissioni, rimane comunque la necessita' di nuovi, consistenti tagli per scongiurare una crisi climatica ''reale e grave''. La ripartizione internazionale degli impegni per il clima non e' un problema di semplice soluzione - viene sottolineato nel dossier - e questo per due ragioni: le emissioni storiche (i gas serra permangono in atmosfera per oltre un secolo) sono imputabili, per la gran parte ai paesi industrializzati e le emissioni pro-capite restano molto differenziate (le emissioni pro-capite di un cittadino statunitense sono il doppio di quelle di un europeo e il quadruplo di quelle di un cinese). ''Gli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra dovrebbero restare quindi differenziati (maggiori per i Paesi piu' industrializzati)'', ma sara' indispensabile, per mitigare la crisi climatica, ''associare a concrete e impegnative politiche di contenimento delle emissioni anche i paesi di nuova industrializzazione, a partire dalla Cina che ha ormai superato le emissioni degli Stati Uniti''.(ANSA)
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