Angoli di natura pieni di vita, che ospitano miriadi di specie, animali e vegetali. Sono le ''zone ''umide'', oggi protagoniste di una Giornata mondiale ad hoc in occasione della firma della Convenzione Internazionale sulle Zone Umide, il 2 febbraio 1971 a Ramsar, in Iran. Ben 158 sono i paesi nella Convenzione, 1.828 i siti riconosciuti al mondo per un totale di 169 milioni di ettari. Purtroppo, spiegano Lipu e Wwf, due terzi delle zone umide, ovvero stagni, laghi e paludi d'Europa, sono scomparsi, soprattutto negli ultimi 50 anni. Mentre quelle che ancora rimangono sono minacciate dal fenomeno degli scarichi industriali, dell'urbanizzazione e della caccia. Le zone umide presenti in Italia sono in tutto 50, senza contare quelle minori. Perche' sono importanti? Svolgono da ''regolatori'' naturali di fenomeni come le piene dei fiumi, sono una sorta di ''depuratore'' e costituiscono uno degli habitat piu' importanti per la biodiversita'. E in molte aree, soprattutto costiere, si concentra la riproduzione della fauna ittica e quindi sono utili anche per le attivita' di pesca. Non bisogna dimenticare poi un'importante funzione in relazione ai mutamenti climatici: ''Ogni ettaro di zona umida va preservato - afferma Claudio Celada, direttore conservazione natura della Lipu - anche per la loro funzione di magazzino di metano e carbonio, molto piu' delle foreste. Il rilascio del metano provocherebbe danni enormi, peggiori di quello della CO2, per il riscaldamento del Pianeta''. In Italia, che conta 50 aree e un totale di quasi 60.000 ettari, la piu' grande zona umida e' quella delle Valli residue del comprensorio di Comacchio in Emilia Romagna, con 13.500 ettari, seguita dalle Saline di Margherita di Savoia in Puglia (3.871 ettari) e dallo Stagno di Cabras in Sardegna (3.575 ettari). Nella top ten delle 15 Regioni che possiedono aree umide in vetta alla classifica per numero di zone protette dalla Convenzione Ramsar c'e' l'Emilia Romagna con ben dieci siti. Al secondo posto si piazza la Sardegna, che conta otto siti, mentre al terzo posto segue la Lombardia con sei, poi il Lazio con cinque, la Toscana con quattro, per finire con Puglia (3), Sicilia, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Campania (2) e Calabria, Abruzzo, Trentino Alto Adige, Umbria e Sardegna con un sito ciascuna. Tra i fattori di minaccia di queste preziose aree, oltre a inquinamento e cementificazione, Lipu e Wwf sottolineano anche la caccia, che oltre a impoverire di specie animali queste zone provoca un forte inquinamento da piombo, un metallo altamente tossico che viene ingerito e accumulato da uccelli e pesci e che quindi arriva anche alla catena alimentare dell'uomo. C'e' poi il fenomeno dell'invasione di specie esotiche che hanno danneggiato quelle locali, dalla nutria al gambero americano, passando per pesci come il siluro e il persico sole, oltre ai rodei amari, il pesce gatto e tanti altri. Sul fronte del pericolo inquinamento infine, Lipu e Wwf ricordano casi eclatanti come Porto Marghera, nel cuore della Laguna Veneta, una delle zone umide piu' importanti d'Europa, ma anche Priolo, Augusta, Gela, Mantova e Ferrara. (ANSA)
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