Rinnovabili ed efficienza: così l'Italia ce la può fare

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Venerdì, 4 Dicembre 2009

 

Roma - L'Italia ce la può fare. Può raggiungere l'obiettivo indicato dai climatologi per evitare la catastrofe: tagliare le emissioni serra del 70 per cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990. E può raggiungerlo senza il nucleare. Come? Lo descrive lo scenario Energy [R]evolution Italia preparato da Greenpeace con il supporto tecnico dell'Istituto di Termodinamica del Centro Aerospaziale Tedesco (DLR).

Il punto di partenza è il forte rilancio delle rinnovabili chiesto dall'Europa che ha fissato l'asticella ad altezza 20: 20 per cento di energia pulita entro il 2020. Oggi il contributo delle rinnovabili alla domanda di energia primaria in Italia è poco sotto il 7 per cento, mentre il 93 deriva da fonti fossili. La strada è lunga e va divisa in tappe.

La prima mossa sono le misure di efficienza energetica che permetteranno di ridurre l'attuale domanda di energia di circa il 32 per cento al 2050. Alleggerito il carico dall'inutile fardello dello spreco, le rinnovabili potranno soddisfare entro il 2050 il 61 per cento di questo consumo totale dimagrito dall'aumento di efficienza. Il resto della domanda sarà coperto principalmente dal gas, trascurabile il contributo del carbone.

Dal punto di vista della produzione di energia elettrica, entro il 2050 le rinnovabili arriveranno al 76 per cento soprattutto per merito del solare, dell'eolico e delle biomasse prodotte in modo sostenibile. Buona parte del calore sarà ricavata usando collettori solari e geotermici. Nel settore dei trasporti le fonti rinnovabili supereranno quota 50 per cento al 2050 grazie all'adozione su vasta scala di mezzi elettrici; più limitata invece la produzione di biocarburanti.

Queste scelte consentiranno, nello scenario virtuoso, alle emissioni annue pro capite di scendere da 7,6 tonnellate a 2,1 tonnellate. Il costo dell'elettricità, dopo un leggero aumento nel breve periodo (+0,5 euro per chilowattora nel 2015), diminuirà: meno 4 centesimi per chilowattora nel 2050.

"Perseguire stringenti obiettivi ambientali rappresenta anche un vantaggio economico per il sistema paese", conclude il rapporto. "Permetterebbe di sostenere la ripresa economica, aumentare l'indipendenza energetica dall'estero, rilanciare lo sviluppo tecnologico, l'innovazione, la competitività delle industrie e della ricerca. Energie rinnovabili ed efficienza possono creare circa 80 mila nuovi posti di lavoro verdi al 2020 considerando solo l'occupazione diretta nel settore elettrico. Tenendo conto anche dei posti di lavoro nell'indotto e il contributo del settore termico si arriva a 300 mila nuovi occupati".

Ma per raggiungere questi obiettivi bisogna correggere la direzione di marcia. Greenpeace ritiene profondamente sbagliati i criteri di assegnazione dei fondi per stimolare l'offerta di energia: nel 2007 più dell'80 per cento dei sussidi elargiti alle rinnovabili, circa 4,4 miliardi di euro, sono stati dati alle fonti assimilate, mentre solare, eolico e altre fonti rinnovabili hanno ricevuto appena 0,9 milioni di euro.

Secondo l'associazione ambientalista, l'Italia deve incoraggiare l'Unione europea a introdurre nuovi standard di efficienza obbligatori per tutte le apparecchiature che utilizzano energia e deve bandire a livello nazionale gli apparecchi più inefficienti, come ha già fatto con le lampadine a incandescenza. Tra le tecnologie da prendere in considerazione rientrano motori industriali a bassa efficienza, stand-by, scaldabagni elettrici, lavatrici, frigoriferi e televisioni ad alto consumo di energia. L'Italia, inoltre dovrebbe rendere effettivo l'obbligo della certificazione energetica degli edifici, come richiesto dalla legislazione europea. (repubblica.it)

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