Salvate gli squali. E' l'allarme che
lanciano alcune associazioni ambientaliste europee
nella settimana dedicata a questi straordinari
pesci, che dopo aver regnato nei fondali marini per
400 milioni di anni, vengono ora seriamente
minacciati da un acerrimo nemico, il solito: l'uomo.
Al via c'è una raccolta di firme a favore di una
petizione, da presentare a Bruxelles, affinché la Ue
includa gli squali tra le specie protette e ne
blocchi l'inutile mattanza. Convegni e seminari si
tengono in tutta Europa, in Italia a Palermo,
Milano, Roma e Genova, nella Settimana dello squalo,
di scena fino al 19 ottobre, a cura di
Shark
Alliance, associazione che raduna 55
organizzazioni non governative in tutto il mondo. Il
motivo: denunciare il pericolo che pescicani e razze
corrono in tutti i mari del mondo, e nel
Mediterraneo in particolare. L'obiettivo finale:
promuovere la raccolta di firme (questo
il sito dove è possibile aderire) una petizione
a favore di una legge europea a tutela di queste
specie animali, in particolare sul fronte della
pesca, ad oggi lasciata all'arbitrio dei singoli,
più ancora che dei singoli Paesi.
Uno studio dello Iucn (Unione internazionale per la
conservazione della natura) ha evidenziato che 30
specie di squali e razze presenti del Mediterraneo
sono a rischio estinzione: il 42 per cento di quelle
che abitano il Mare Nostrum. Di quelle che abitano i
nostri fondali, solo 13 "stanno bene", ovvero non
corrono rischi nel breve periodo. Un altro studio,
che ha stimato, per gli ultimi due secoli, i trend
delle popolazioni delle 20 specie dei grandi squali
predatori stanziali nel Mediterraneo, ha evidenziato
un autentico tracollo: meno 97 per cento in media.
Gli squali sono letteralmente scomparsi - e la prova
lampante è data dal fatto che non ne finiscono più
nelle reti - anche in aree marine, come l'Adriatico,
che per secoli hanno utilizzato per la riproduzione.
"Gli squali godono di pessima fama - ha spiegato
Eleonora de Sabata, presidente di Medsharks,
associazione italiana che fa capo a Shark Alliance -
cui la recente cinematografia non ha giovato. In
realtà, i casi di esseri umani uccisi da questi
animali sono dell'ordine dei 5 casi annui, contro i
100 milioni di squali uccisi dall'uomo. Di fatto, le
specie pericolose sono solo tre - squalo bianco,
squalo tigre e squalo leuca. Comunque, non
rientriamo tra le loro prede, le aggressioni
avvengono perlopiù per errore". L'ecatombe, però,
non è il frutto di irrazionalità collettiva, la
reazione alla paura diffusa, come accade ad esempio
dove l'uomo incrocia il proprio habitat con quello
della tigre. E' qualcosa di molto più venale. "In
aree extramediterranee, gli squali vengono cacciati
per le loro pinne, purtroppo assai ambite dalla
cucina di molti Paesi asiatici. In questo caso, gli
animali vengono catturati, si taglia la parte che
interessa, e poi li si lascia liberi... di andare
incontro a morte certa".
Nel Mediterraneo, però, si assiste un altro
fenomeno, se possibile di ancor più bassa lega.
Squali e razze finiscono nelle reti a strascico -
come accade ai delfini. Ma nel caso dei cetacei
esistono moti di natura etica che fermano la
mattanza al penultimo stadio, qui il passo dal
peschereccio al supermercato è breve. "In un'epoca
in cui le specie pregiate, come il tonno e il
pescecane, scarseggiano a loro volta - spiega de
Sabata - anche pesci dal valore commerciale basso
diventano appetibili. Ma l'assurdo è proprio questo:
nessuno si sognerebbe di pescarli di proposito,
perché valgono ben poco". Negli scaffali, il gioco è
semplice: siccome l'utente medio scarterebbe
qualunque trancio di pesce associabile all'idea di
squalo, vengono utilizzati i nomi reali delle
singole specie, qualora fuorvianti a sufficienza,
come palombo, smeriglio o ventresca; in altri casi,
si ricorre a denominazioni fittizie, come vitella di
mare, o regionali, tipo Asià e Cagnetto.
"Intendiamoci - dicono a Shark Alliance - qui non si
tratta di un 'no a priori' all'impiego alimentare,
in fondo si tratta di pesci come altri. Il problema
è che si tratta di animali a rischio estinzione: in
altre parole è come se al supermercato si trovassero
palesemente esposte bistecche di tigre, con la
differenza che per gli squali non c'è alcuna legge
che vieta di farlo". Insomma, una strage che rischia
di far sparire animali straordinari, oltreché di
compromettere inesorabilmente l'ecosistema del
Mediterraneo: di fatto verrebbe a mancare il vertice
della catena alimentare, con conseguenze gravissime
e imprevedibili. Il tutto per incuria, sciatteria
ancor prima che per interessi economici. Da qui, la
petizione. "L'obiettivo è riuscire a fare approvare
la legge entro l'inizio del prossimo anno, alla
riunione dei ministri dell'Agricoltura dei Paesi Ue
- conclude Eleonora de Sabata - Abbiamo già 20mila
firme, e una petizione pronta, anche se sappiamo che
alcuni Paesi, come la Spagna e il Portogallo,
premeranno per il mantenimento delle 'non regole'
attuali". (Arturo Cocchi - repubblica.it) |