osservare pinguini di Magellano al di fuori delle
canoniche aree da essi frequentate, è la prima volta
che una popolazione così consistente si spinge così
a nord. A causa delle ridotte serie storiche di
osservazioni (secondo “Repubblica” di sabato scorso,
solo da 35 anni sono state effettuate ricerche
sistematiche), non è stato però possibile capire se
l’episodio rivesta un effettivo carattere di
eccezionalità.
Ancora da chiarire, inoltre, sono le cause che sono all’origine di questo “errore di rotta” da parte della colonia di pinguini. Anche se di primo acchito si potrebbe essere tentati di attribuire questo evento al surriscaldamento globale, così come sono ad esso attribuite le oltre 28000 osservazioni (su 577 ricerche effettuate) riguardanti mutazioni nei sistemi biologici riportate nel quarto Rapporto Ipcc, in realtà ancora ciò è da chiarire: «mentre i resoconti dei media hanno spesso associato il global-warming con la morte dei pinguini, in questo caso non c’è modo di sapere con certezza perchè i pinguini si sono arenati», ha dichiarato Valeria Ruoppolo dell’International fund for animal welfare (Ifaw), associazione ambientalista che insieme alle autorità brasiliane ha curato il trasferimento dei pinguini.
E’ comunque evidente che, surriscaldamento globale a parte, mutamenti climatici di qualche genere devono aver causato lo spostamento di rotta di migliaia di km da parte dei pinguini di Magellano. E’ stato ipotizzato un ruolo legato alle correnti marine dell’Atlantico meridionale: secondo quanto dichiarato a “Repubblica” dal ricercatore Ricardo Burgo, «quest’anno la corrente del Benguela è eccezionalmente fredda, e la corrente delle Falkland particolarmente forte»: se si considera che solitamente i pinguini, nella loro migrazione dalle coste patagoniche di Cile e Argentina, risalgono la corrente delle Falkland verso nord, per poi virare verso ovest quando incontrano la più calda corrente del Benguela, questa sembra l’ipotesi più attendibile per l’ ”errore” compiuto. Il sito dell’Ifaw, invece, ipotizza che un «flusso di acque più calde – 1° più del normale – abbia spinto i giovani pinguini a continuare ad andare verso nord, superando le loro zone abituali, dove non erano in grado di trovare cibo sufficiente».
Resta comunque che qualcosa di strano è avvenuto. Dei circa mille esemplari giunti nello stato di Bahia, solo 370 sono stati giudicati in grado di essere trasportati a sud per via aerea, mentre per gli altri, troppo debilitati dal viaggio più lungo del normale, non è stato possibile compiere interventi di salvataggio. Una volta giunti a destinazione i pinguini, insieme ad altri esemplari più anziani che erano stati curati dopo essere finiti in una macchia di petrolio galleggiante (e che, sperano gli esperti, potranno guidare i loro conspecifici più giovani verso sud), sono stati prima portati in un centro di recupero, e dopo una notte di riposo sono stati liberati presso la spiaggia di Cassino, da dove si sono gettati di corsa nel loro principale elemento, il mare (vedi immagine).
L’operazione di salvataggio, sostiene l’Ifaw, «entrerà nei libri di storia essendo la più grande di sempre in Sudamerica, con 373 pinguini rilasciati allo stesso tempo». Agli animali rilasciati sono stati applicati dei simboli di riconoscimento sulle pinne, che saranno di grande importanza per aiutare gli studiosi a valutare il successo dell’operazione e per studiare più approfonditamente le loro abitudini migratorie. (Riccardo Mostardini - greenreport.it)
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