Difatti, il loro linguaggio sembra essere convenzionale come il nostro e ogni mappa cognitiva presuppone una notevole capacità di osservazione e di astrazione.
Ma l'esperimento condotto da Celli, lascia veramente a bocca aperta e dimostra come le api sappiano imparare dall'esperienza:
Per lo studio è stato adoperato il fiore dell'erba medica. Questo è formato da cinque petali, di cui il dorsale è più grande e prende il nome di vessillo. Altri due petali, più piccoli, si espandono di lato e gli ultimi due formano la cosiddetta corona che tiene imprigionati gli organi sessuali, un pistillo e due stami.
Succede che, in questo fiore, la colonna sessuale sia mantenuta in tensione e il polline venga diffuso nell'atmosfera soltanto se la struttura si apre "a scatto". Le api non amano far raccolta di nettare, e tanto meno di polline, su questo fiore dispettoso in cui, quando la bottinatrice cerca di frugare nel suo cuore alla ricerca del cibo, la colonna sessuale "scatta" e prodiga alla visitatrice una bella frustata.
Questo schiaffo a tradimento scoraggia il lavoro delle api che vanno a raccogliere sull'erba medica solo se spinte dalla necessità, quando ci sono poche fioriture, se non nessuna, nei dintorni.
Ma ecco il risultato stupefacente della ricerca: dopo aver subito molti colpi di frusta, alcune api si fanno furbe e procedono a derubare il nettare di quel fiore maleducato, inserendo la ligula, che è la loro lingua, tra i petali di lato, evitando così il castigo e procurandosi il dessert. Questo comportamento non sembra sia determinato geneticamente, nel senso più banale dell'espressione, ma bensì venga appreso dalle api dopo essere state schiaffeggiate più volte.
Elisabetta Moretti
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