Aree protette, gli impegni dell´Italia e i disimpegni di Tremonti

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Venerdì, 30 Maggio 2008

La Conferenza delle parti (Cop9) della Convenzione sulla diversità biologica in corso a Bonn ha discusso di aree protette marine e terrestri basandosi sul documento approvato al Cop 7 svoltosi a Roma dall’11 al 15 febbraio 2008, dove le Parti si erano impegnate a realizzare una rete di aree protette terrestri ecologicamente rappresentative gestite efficacemente entro il 2010 e di Aree marine protette (Amp) entro il 2012.

A Roma venne anche istituito un working group on protected areas (Wgpa - gruppo di lavoro a composizione non limitata sulle aree protette), con il mandato di appoggiare e valutare i progressi realizzati nella messa in opera del programma di lavoro e di relazionare alla Cop9.

 

A due anni dalla prima di queste scadenze, la mancanza di finanziamenti e di sostegni tecnici è l’ostacolo maggiore alla realizzazione di questi obiettivi. Inoltre l’istituzione di aree marine protette incontra a livello nazionale una forte resistenza politica. L’esempio italiano è illuminante, proprio mentre a Bonn si discuteva della necessità della rete di Amp, a Roma il ministro Tremonti tagliava i 4,3 milioni di euro previsti dalla finanziaria per l’istituzione di aree marine protette ed i 60 milioni destinati alle isole minori.

Eppure alla Cop 7 di febbraio l’Italia svolse un ruolo di primo piano, tanto che la relazione del Wgpa presentata a Bonn riporta con rilievo le parole di Aldo Cosentino, direttore generale della protezione della natura del ministero dell’ambiente italiano, che «ha insistito sull’importanza di formare una rete mondiale di aree protette per rispettare gli obiettivi della Convenzione, sebbene diversi Paesi siano dell’avviso che il raggiungimento di un consenso internazionale sull’accesso alle risorse genetiche e la condivisione dei vantaggi è una priorità. L’Italia vuole dare la priorità a mettere in piedi un tale regime, riconoscendo che non può essere messo in piedi senza essere ben equilibrato, nel rispetto dell’approccio ecosistemico. E’ particolarmente significativo che la presente riunione si svolga nella sede della Fao per il legame tra i lavori della Fao e il programma di lavoro sulle aree protette che mette in evidenza l’importanza di conciliare la protezione della natura, lo sviluppo sostenibile e la sicurezza alimentare. E’ dunque con un grande orgoglio che ha annunciato che il ministero ha sottoscritto un accordo per il sostegno delle attività della Fao in materia di cooperazione con la Convenzione sulla diversità biologica ed altre convenzioni interessate alla diversità biologica. L’Italia ha formato una rete di aree protette che copre più del 20% del suo territorio. Il suo ministero vuole proteggere la diversità biologica, ma senza limitare le attività tradizionali dell’agricoltura e della pesca. Ricordando l’iniziativa Count down 2010, secondo la quale la creazione di reti di aree protette è uno strumento fondamentale per la realizzazione degli obiettivi del 2010 e del 2012, ha detto che resta poco tempo da qui a queste date critiche e che una riflessione strategica si impone perché il 2010 è un risultato ma soprattutto un nuovo punto di partenza».

Un punto di partenza completamente ignorato dai primi passi del nuovo governo italiano, con un ministro dell’ambiente che sembra completamente sovrastato dalle scelte del superministro dell’economia Tremonti, fino a farsene portavoce al G8 dei ministri dell’ambiente di Kobe per quanto riguarda le emissioni di gas serra e il rispetto del Protocollo di Kyoto e a non reagire di fronte a tagli che colpiscono pesantemente l’ambiente e la qualità della vita e dell’ambiente di aree “deboli” come i piccoli comuni e le isole minori, che sono in gran parte comprese in quella rete di aree protette delle quali giustamente l’Italia si vanta a livello internazionale ma che poi dimentica, trascura e osteggia nell’agire politico quotidiano

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