IUCN: Si fa troppo poco per proteggere il mare

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Mercoledì, 28 Maggio 2008

Alla Conferenza mondiale sulla biodiversità in corso a Bonn, l’International Union for Conservation of Nature (Iucn) ha sollevato con forza la necessità di una reale ed urgente salvaguardia dell’ambiente marino: «la necessità di agire e di una migliore gestione degli oceani non sono mai state più pressanti e urgenti».

Secondo la Lista Rossa dell’Iucn, un numero crescente di specie marine è minacciato di estinzione e molti habitat sono a rischio o in pieno degrado. «Nonostante alcuni progressi fatti qui al meeting della Convenzione sulla diversità biologica di Bonn - ha detto il direttore

generale dell’Iucn Julia Marton – abbiamo bisogno di azioni concrete e non di più chiacchiere.

In particolare la situazione della biodiversità di altomare ha raggiunto un punto critico e l’ineguale livello di governante dei nostri oceani è stato per troppo tempo un ostacolo all’azione».

La Conferenza delle parti di Bonn (Cop 9) è l’ultima opportunità per i vari Paesi di onorare gli impegni presi solennemente di ridurre la perdita della biodiversità entro il 2010 e di realizzare una rete di Aree marine protette (Amp) che entro il 2012 devono comprendere. Secondo l’Iucn con questi ritmi di attuazione degli impegni, gli obiettivi per il 2012 potranno essere raggiunti solo nel 2060, ma per allora, dopo mezzo secolo di mare non protetto e con gli attuali livelli di prelievo e di estinzione delle specie, potrebbe essere già troppo tardi.

Gli Stati membri della Convention on biological diversity (Cbd), di cui fa parte anche l’Italia, assicurano che stanno prendendo in considerazione l’adozione di criteri per la selezione di importanti aree marine che necessitano di protezione, ma secondo Imène Meliane, coordinatrice delle politiche marine dell’Iucn, «Un accordo su questi criteri non è sufficiente, abbiamo bisogno anche che i Paesi adottino misure per individuare effettivamente queste aree e che assicurino una collaborazione perché queste diventino davvero protette. Noi sappiamo abbastanza sugli oceani per capire che bisogna agire subito, non possiamo più permetterci di aspettare».

L’Iucn è anche preoccupata per il crescente numero di attività non regolamentate al di fuori delle acque territoriali dei diversi Paesi: «Gli Stati membri hanno una responsabilità ai sensi del diritto internazionale, ivi comprese la Cbd e la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, per il controllo delle attività dei loro cittadini, delle imprese e delle navi, per prevenire i danni per l’ambiente nelle zone al di fuori della giurisdizione nazionale».

Kristina Gjerde, consulente dell’Iucn per le politiche dall’altomare, spiega che «Mentre l’Iucn accoglie con favore l’innovazione tecnologica, abbiamo bisogno di mettere in atto una richiesta di sospensione di nuove tecnologie potenzialmente nocive che cercano di utilizzare gli oceani come potenziali depositi dell’eccesso di anidride carbonica, come ad esempio la fertilizzazione dell’oceano, fino a quando non saremo sicuri che questi progetti non comprometteranno gli oceani così come noi li conosciamo».

«Se mancherà nell’agire in questo modo – dice Julia Marton-Lefèvre – da questa Cop verrà lanciato il segnale di un passo indietro rispetto agli impegni assunti nella precedente Conferenza delle parti ed un indebolimento della Convenzione per la salvaguardia della biodiversità marina».

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