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Fino a dicembre è vietata la pesca al tonno rosso in tutto il Mediterraneo e in parte dell’Oceano Atlantico. Lo ha stabilito la Commissione europea con regolamento pubblicato sulla Gazzetta ufficiale Ue di oggi che istituisce misure di emergenza per quanto riguarda le tonniere con reti a circuizione.
Per le tonniere è vietata non solo la pesca, ma anche la conservazione a bordo, l’uso di gabbia a fini di ingrasso o di allevamento, il trasbordo, il trasferimento o lo sbarco delle catture di tale stock. E se i divieti per le navi battenti bandiera della Grecia, della Francia, dell’Italia, di Cipro e di Malta o immatricolate in tali paesi decorre dal 16 giugno
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2008 per quelle della Spagna o immatricolate nel
paese decorre dal 23 giugno 2008. Il che significa
anche che a partire da tali date gli operatori della
Comunità non dovranno più accettare da queste navi
né lo sbarco, né la messa in gabbia a fini di
ingrasso o di allevamento né il trasbordo nelle
acque o nei porti comunitari di catture di tonno
rosso effettuate nell’Oceano Atlantico, ad est di 45
° di longitudine O e nel Mar Mediterraneo.
Secondo il comitato scientifico della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (Iccat), la sovraccapacità della flotta rappresenta il fattore principale che potrebbe condurre all’esaurimento dello stock di tonno rosso, comportando pure un rischio elevato di superamento del livello di pesca autorizzato.
La capacità di cattura giornaliera di una singola tonniera con reti a circuizione (ossia quella usata per circondare un tratto di mare nel quale è stato localizzato un branco di pesci che viene catturato con immediata azione di recupero della rete stessa) è talmente elevata che il livello di cattura autorizzato può essere raggiunto o superato molto rapidamente. In tali circostanze, qualsiasi superamento del livello di pesca autorizzato rappresenta una grave minaccia per la conservazione dello stock di tonno rosso.
La perdita di biodiversità spaventa e continua a crescere in maniera esponenziale nonostante da decenni gli scienziati affermino quanto le specie e gli ecosistemi siano importanti poiché forniscono preziosi beni, servizi, sostentamento e rendono il pianeta abitabile.
Secondo il sociologo E. O. Wilson la perdita delle biodiversità é dovuta essenzialmente dalla perdita degli habitat, delle specie invasive, dall’inquinamento, dalla crescita demografica, dallo sfruttamento eccessivo delle specie per il consumo ossia dall’iperconsumo. Fattori fra l’altro interconnessi tra loro.
E poiché si prevede che la popolazione passerà da 6 miliardi del 2000 a 9 miliardi nel 2050 e visto che i consumi procapite di acqua, di cibo, di energia, di petrolio e di altre risorse necessarie per la produzione o il sostentamento dell’uomo stanno crescendo in maniera esponenziale, probabilmente la pressione esercitata sulle biodiversità (per le quali non è uso pagare un prezzo per il suo consumo) raggiungerà un’intensità insostenibile
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