La World Bank accusata dellla distruzione delle foreste africane

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La foresta equatoriale del Congo, l´ultimo polmone naturale del continente africano, è assediata dall´industria del legno. Le multinazionali fanno a gara a chi taglia di più. Greenpeace avverte: "Così si rischia la catastrofe ambientale".

 

World Bank accused of razing Congo forests del 04 ottobre 2007

E’ allarme per l’immenso bacino fluviale congolese. L'ultimo polmone naturale del continente africano (secondo per estensione solo alla Foresta Amazzonica) è preso d’assalto dalle multinazionali del legno e sta riducendosi sempre più. I dati dello scempio compiuto negli ultimi anni sono agghiaccianti: in Africa centrale è andato perduto l'85% delle foreste originarie. Un danno ambientale di proporzioni enormi. Oltre 80 mila chilometri quadrati di foresta sono andati distrutti per sempre. Con essi sono scomparse alcune preziose specie animali e vegetali. "Bisogna arrestare questo disastro", avvertono le associazione ambientaliste. "Di questo passo, nell’arco di una generazione, le foreste vergini africane rischiano di rimanere un ricordo".


IL NUOVO FAR WEST
Il problema è che nessuno controlla le attività delle multinazionali. La foresta africana è diventata un nuovo far west, una terra di nessuno, una miniera da depredare impunemente. Alcune compagnie vengono finanziate con appositi fondi della Banca Mondiale affinché il loro lavoro venga condotto in modo responsabile e sostenibile. Ma non esiste un organismo indipendente che verifichi e certifichi il rispetto della legge. E i piani di gestione forestale sostenibili sono di norma disattesi.
Ci sono imprese che operano nella completa illegalità. Estraggono il legno migliore e danneggiano in maniera irrimediabile il resto della foresta. Per ogni albero abbattuto, infatti, molti altri vengono distrutti e abbandonati a marcire. Si calcola che per abbattere otto alberi in un ettaro di foresta, vanga distrutto il 26% della vegetazione residua. Così regioni intere si trasformano in lande desolate.


IL CASO DEL CAMERUN
In Camerun, si stima, il taglio illegale raggiunge il 50% del traffico globale. "Per pagare il debito estero, il Governo ha dovuto svendere milioni di ettari di vegetazione lussureggiante", spiega Jacqueline, missionaria cattolica che danni vive in foresta. "Nel Paese operano una ventina di grandi società europee e altrettanti piccoli imprenditori privati: fanno a gara a chi taglia più alberi". Non è possibile conoscere la reale portata di questo disastro ecologico. Nessuno controlla le attività delle multinazionali e il silenzio degli amministratori locali è pagato con pesanti bustarelle (il Camerun è al primo posto della lista dei Paesi più corrotti del mondo, pubblicata dall’organizzazione Transparency International). La gente nei villaggi del sud-est del Paese si sveglia tutte le mattine con il rumore assordante delle seghe elettriche. Commenta Jacqueline: "Dopo la Conferenza di Rio, che in linea di principio doveva servire per difendere la natura del nostro pianeta, il ritmo del disboscamento si è intensificato e la devastazione ambientale non ha avuto freno".


L’ALLARME IGNORATO
In Camerun, Centrafrica, Gabon e Congo, la foresta è attraversata da un groviglio di piste rosse che penetrano come spine nel verde intenso della vegetazione. Su quelle strade si muovono le lunghe carovane di camion che trasportano i tronchi secolari destinati all'esportazione. Tonnellate di legno pregiato (gli alberi più ricercati sono il Moabi, l’Afrormosia, il Bubinga, l’Ayous e il Wengé) corrono verso l’Europa. Di questo passo, secondo gli esperti, la foresta pluviale africana sarà dimezzata nel giro di dieci anni. Lo scenario che si prospetta per il futuro è allarmante, soprattutto per le inevitabili conseguenze che si avranno sul piano climatico, economico e antropologico. Nessuno, tra i governanti africani e i potenti della Terra, pare preoccuparsene. A riportare la questione d’attualità ci ha pensato Greenpeace, che ha divulgato uno sconcertante dossier sulla distruzione delle foreste africane e ha invitato i Governi e le imprese a impegnarsi nel trovare una soluzione al problema.


ALBERI E ANIMALI
L’associazione ambientalista ha ricordato quali sono gli effetti della deforestazione sulla fauna africana: "Le foreste della sola Repubblica Democratica del Congo ospitano oltre 1000 specie di uccelli e 400 specie di mammiferi, molti dei quali non si trovano in nessun'altro luogo del pianeta. La foresta africana dei grandi primati è essenziale per la sopravvivenza dei nostri più vicini parenti del regno animale. Delle cinque specie di grandi scimmie, solo l'Homo sapiens – cioè noi – non rischia l'estinzione. Tre degli altri quattro - il gorilla, lo scimpanzé e il bonobo, dipendono dalle foreste pluviali africane. L'elefante di foresta (minacciato di scomparire anche per le scellerate attività dei bracconieri e dei mercanti d'avorio), il cui territorio si aggira intorno ai 3000 chilometri quadrati, gioca un ruolo molto importante nell'ecosistema forestale, diffondendo i semi di molte piante. Altri animali della foresta come l'okapi e il pavone del Congo (Afropavo congensis) sono a malapena conosciuti dalla scienza occidentale".
LE RESPONSABILITA DELL’ITALIA
L'Italia è il secondo importatore mondiale di legno dal Bacino del Congo e, come tale, ha una grande responsabilità nella gestione delle risorse forestali nella regione. Lo scorso anno è stato raggiunto un accordo tra Greenpeace e l'associazione di categoria delle imprese interessate (Fedecomlegno) che si era impegnata a combattere le importazioni di legno illegale e da Paesi in cui il settore forestale è coinvolto in guerre. Ma indagini di Greenpeace hanno rivelato che “tutt’oggi continua ad essere scaricato nei porti italiani legname proveniente da imprese che hanno fatto del taglio illegale la propria norma di condotta, mentre non sono neppure cessati gli arrivi delle famigerate compagnie liberiane accusate dagli esperti delle Nazioni Unite di alimentare il conflitto in Africa Occidentale e svolgere un ruolo diretto nel traffico di armi”.


ALTRE ZONE A RISCHIO
Il problema della deforestazione selvaggia non riguarda solo il Bacino del Congo: tutte le foreste africane subiscono l’assalto delle multinazionali. In Africa Occidentale grandi parti delle residue aree di foresta tropicale sono minacciate dal taglio illegale di alberi. Le selve millenarie di Nigeria, Ghana e Costa d'Avorio sono state quasi interamente distrutte. Fino a poco fa la Liberia era l'unico Paese della regione le cui foreste rimanevano intatte. Ma dalla fine della guerra nel 1997, le compagnie del legno europee hanno cominciato a distruggere anche qui con operazioni di vasta scala. Denuncia Greenpeace: “Negli ultimi 30 anni l'Africa ha perso due terzi delle foreste tropicali (negli ultimi dieci ha perduto oltre 55 milioni di ettari di vegetazione, con un incremento del 25% del tasso di distruzione rispetto all'epoca del Summit di Rio). I Paesi africani hanno aumentato la loro produzione industriale di legno del 58% dalla metà degli anni '90. Nello stesso periodo non c'è stata alcuna significativa crescita delle aree di foresta destinate alla conservazione. Al contrario diversi milioni di ettari di foresta incontaminata sono stati ceduti alle compagnie del legno”. Se si continua così, tra vent’anni, non ci sarà più nulla da tagliare.

Ecco cosa c'è in gioco
In pericolo è la foresta pluviale dei grandi primati, la spettacolare selva dell'Africa Centrale che si estende attraverso Camerun, Repubblica Centroafricana, Congo Brazzaville, Repubblica Democratica del Congo, Guinea Equatoriale e Gabon. Le antiche foreste dell’Africa occidentale (Nigeria, Ghana, Costa d’Avorio) sono già state praticamente distrutte. Circa 12 milioni di persone abitano le foreste africane, tra cui oltre 150 mila Pigmei, per i quali la foresta è dimora, cibo, medicina, oltre che cultura e vita spirituale.

Chi sono i responsabili?
Lo standard ambientale delle operazioni forestali in Africa è molto basso, e ancora non esiste una certificazione di buona gestione forestale. Alcune compagnie del legno operano addirittura nell'illegalità, che in paesi come il Camerun raggiunge il 50% del traffico globale.

Le compagnie del legno europee
Molte delle imprese attive in Africa sono controllate da capitali europei. Mentre alcune sono direttamente coinvolte nel taglio illegale, altre si sono mostrate rispettose della legge ma nessuna è ancora certificata.

Le compagnie asiatiche
Molte compagnie asiatiche si sono spostate recentemente in Africa in seguito all'esaurimento delle foreste tropicali in Asia. Le più importanti sono le malesiane WTK e Rimbunan Hijau, tristemente note per le gravi conseguenze ambientali e sociali delle loro operazioni in Malesia e nel Pacifico.

Gli acquirenti di legno africano
I paesi europei (Francia, Italia, Spagna, Portogallo) sono i principali importatori di legno africano, mentre i flussi commerciali segnalano una forte crescita della domanda da parte dei mercati asiatici.

… e l'Italia ?
Il nostro Paese ha una grande responsabilità per il futuro delle foreste africane: è il secondo importatore mondiale di legno dal Bacino del Congo (nonché primo importatore europeo di legname africano), ed esporta il 60% di tutti i tronchi di Ayous abbattuti in quell'area.

Fonte: www.greenpeace.it

PER SAPERNE DI PIU’
Il sito Internet di Greenpeace Italia (www.greenpeace.it), da cui abbiamo tratto le informazioni per l’articolo, fornisce notizie aggiornate sulla situazione delle foreste nel mondo. Altri indirizzi utili sono: Global Forest Watch (www.globalforestwatch.org), con dossier aggiornati dedicati al Gabon e al Camerun, e The World Rainforest Movement (www.wrm.org.uy/english/tropical_forests/worldbank.htm), per una valutazione indipendente sul ruolo della Banca Mondiale nelle politiche forestali camerunensi.

 


 

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