L’Italia dovrebbe essere l’Arabia Saudita dell’energia rinnovabile. Nessun Paese europeo ha le vostre risorse: il sole, la forza del mare, il vento, le montagne per le centrali idroelettriche. Eppure molti altri Stati, dalla Germania ai paesi scandinavi, sono più avanti». E’ il j’accuse dell’economista Jeremy Rifkin, presidente della «Foundation of Economics on Trends» di Washington e autentico guru in materia di impatto dei cambiamenti tecnologici sull’economia, la società e l’ambiente. Secondo lo studioso, «l’Italia è stata leader nella prima e nella seconda rivoluzione industriale e dev’esserlo pure nella terza, in cui si gioca la sopravvivenza della specie umana. Destra e sinistra italiane devono accordarsi: il vostro governo dovrebbe essere sensibile a questi temi, perché Prodi è stato il primo leader del mondo, da presidente dell’Ue, ad avviare un costoso progetto di ricerca sull’idrogeno».Rifkin l’ha detto ieri mattina a Torino, alla cerimonia d’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università, di cui è stato ospite d’onore. Ha parlato a braccio, trascinante e apocalittico, e ha disegnato il nostro futuro così: «L’umanità è passata attraverso più rivoluzioni tecnologiche, sempre legate all’irrompere di nuovi mezzi di comunicazione. La prima rivoluzione industriale lega la stampa, il carbone e il vapore, la seconda il telefono, il telegrafo e il motore a scoppio. Ora siamo alla terza: una nuova straordinaria era, con internet e i computer da un lato, e l’abbandono del petrolio, del carbone e delle tecnologie del secolo scorso dall’altro». Il futuro è il passaggio dall’«energia elitaria» a quella «distribuita»: non più la concentrazione delle risorse in poche zone geologiche ricche di gas, carbone o petrolio, ma sole, mare e vento, disponibili in ogni luogo del mondo. Significa anche «dare potere al popolo. Il sole non brilla sempre, il vento non soffia ogni giorno, a volte c’è bassa marea. Ma se riusciremo a stoccare l’energia con le tecnologie a idrogeno, miliardi di edifici e di oggetti produrranno elettricità ed energia ad emissioni zero». Immagina uno scenario in cui «tutti creeranno la propria energia e invieranno a una rete intelligente le eccedenze, anche dalla propria automobile. Cambieranno le nostre vite e si annulleranno le distanze tra paesi e ricchi e poveri, oggi senza potere perché non hanno energia». Sarà la riscossa dei paesi in via di sviluppo, ma il tema è cruciale anche per gli europei, «perché il riscaldamento del pianeta è al limite: presto l’Artico sarà un lago su cui andare in barca a vela, e gli uragani continueranno ad aumentare». Processi iniziati da anni, «ma che subiscono un’inattesa accelerazione». E poi, «fra trent’anni il petrolio finirà, e prima di allora i prezzi continueranno a crescere». Il nucleare non è una buona alternativa: «Le 400 centrali del pianeta producono solo il 5% dell’energia, e in più stanno diventando obsolete: per ammodernarle servirebbero due miliardi di euro ciascuna, e per avere effetti positivi sul clima occorrerebbe costruirne due nuove al mese per 60 anni». L’unica strada sono le energie rinnovabili: «E’ una scommessa che deve unire tutti i popoli del mondo, e in cui non possiamo commettere errori, perché non avremmo il tempo di porre rimedio. Le università hanno un ruolo cruciale, perché tutte le discipline e le conoscenze del mondo vanno poste a profitto della salvezza della razza umana. Non so se possiamo ancora farcela, ma dobbiamo comportarci come se fossimo ancora in tempo. (La Stampa)
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